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…ti racconterò questa storia quando sarai abbastanza grande da capire le mie parole…

La storia di latte di Stefania e della piccola Sveva.

Tutto ciò che stiamo vivendo adesso, io te lo dovevo… Ce lo dovevamo.

Sei nata con un parto spontaneo quasi perfetto, quasi come lo avevo immaginato e sognato: un parto tutto sommato veloce, senza anestesia peridurale, ogni secondo vissuto al massimo dell’intensità, con il tuo papà accanto che non ha mai smesso un secondo di massaggiarmi la schiena e incoraggiarmi. Sei nata e ho appena fatto in  tempo a vederti…tutta sporca e bagnata…bellissima, prima che tagliassero immediatamente il cordone ombelicale e ti portassero via. Ecco, dal momento in cui quelle forbici hanno reciso il cordone, prima che il sangue smettesse di pulsare spontaneamente, le cose non hanno più funzionato, anche se io, ancora frastornata dall’evento del parto, non ho immediatamente compreso: pensavo ancora che ti avrei vista di lì a pochi minuti, che ti avrebbero appoggiata sulla mia pelle e avrei finalmente incrociato il tuo sguardo, riconoscendoti. Dopo tanta fatica, avevo solo voglia si stringerti a me, rassicurarti e nutrirti mentre ti accarezzavo e ammiravo in tutta calma. Ma le ore passavano e tu non arrivavi. Poi i medici hanno chiamato me e il tuo papà e ci hanno comunicato che ti dovevano trasferire in terapia intensiva… Mi hanno permesso di tenerti in braccio 10 minuti per salutarti… Che dolore ho provato! Cominciavo a realizzare che dal momento della tua nascita eri stata soltanto “torturata”, non avevi ancora trovato calore e conforto in nessuno e che il tuo pancino era ancora vuoto! Che dolore e che senso di impotenza ho provato quando più tardi, con il tiralatte, ho visto scendere quelle preziose goccine di colostro (i tuoi anticorpi, il tuo nutrimento), che sapevo non avresti mai ricevuto. Perse! Sprecate! Questo pensiero mi faceva malissimo.

La notte è trascorsa e ti ho rivista il giorno dopo, dentro ad un’incubatrice. Non ti potevo toccare. Eri piena di tubicini attaccati al tuo esile corpicino e per nutrirti ti avevano messo un sondino. Di lì a qualche giorno hanno cominciato a darti da mangiare con il biberon; io nel frattempo facevo il possibile per tirarmi tutto il latte che potevo, ma era sempre poco perché un vero e prolungato contatto fra noi, amore mio, non c’era ancora stato. Mi dissero anche che se ti volevo allattare mi aspettava, a casa, un duro lavoro perché probabilmente avresti avuto difficoltà. Ma io ero decisa e determinata, per nulla pronta ad arrendermi. Avevo già il riferimento di una brava consulente dell’allattamento e l’avrei contattata non appena ti avrebbero dimessa. E così è stato. Monica Bielli è arrivata a casa nostra e ci ha offerto subito sostegno e conforto. Che gioia sentire che l’attacco era buono e che dovevamo solo pian piano togliere l’aggiunta di LA che ancora prendevi. L’odiata aggiunta ci ha dato problemi ancora per un po’, perché oltretutto tu sei sempre stata una gran mangiona e la sensazione era quella di avere poco latte per riuscire a soddisfare il tuo appetito. Ma i preziosi consigli di Monica hanno fatto sì che potessimo eliminare anche quei fastidiosi biberon e potessimo finalmente costruire il nostro indissolubile legame fatto di stretto contatto e poppate a richiesta.

Adesso, dopo tutto ciò che hai passato, quando vedo che ti addormenti appagata e sazia attaccata al mio seno, provo una gioia immensa e tanta, tanta gratitudine verso Monica. E’ come se tutto il latte che adesso ricevi, ci risarcisse per tutto ciò che abbiamo vissuto in quelli che dovrebbero essere, per ogni diade mamma-bambino, gli attimi e i giorni più importanti.

 

Piccola Sveva, ti racconterò questa storia quando sarai abbastanza grande da capire le mie parole, e te la racconterò milioni di volte. Ti racconterò che l’aver chiesto aiuto ha fatto la differenza e ci ha permesso di lenire un poco il dolore che entrambe abbiamo provato all’inizio, per la nostra separazione e per l’impatto traumatico che hai avuto col mondo. Per il momento la lascio in dono alle altre mamme e soprattutto a Monica alla quale non smetterò mai di dire “GRAZIE!”.

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