Il fabbisogno energetico supplementare della nutrice, legato all’allattamento materno, è correlato alla quantità di latte prodotto.
Dopo 2-3 settimane dal parto, la madre che allatta fornisce in genere al neonato 500-600 mL/die di latte, che possono aumentare in seguito fino a 850 mL/die. Tuttavia, la sintesi di latte, molto variabile da donna a donna, può in media essere indicata in 810 mL/die, quantità che si riduce progressivamente durante il divezzamento. Per produrre 810 mL di latte la nutrice ha bisogno di incrementare di circa 700 kcal/die l’assunzione energetica giornaliera. Di fatto, ci si attende che la madre faccia in parte ricorso all’energia che si è depositata sotto forma di trigliceridi durante la gravidanza.
L’indicazione finale è quella di un aumento del fabbisogno energetico di 500 kcal/die. Una stima proporzionalmente minore va fatta nel caso di allattamento complementare. Un apporto energetico insufficiente in corso di allattamento determina principalmente una riduzione del volume del latte prodotto, ma ne modifica poco la composizione.
Le necessità proteiche durante l’allattamento dipendono dalla sintesi delle proteine del latte materno e di conseguenza sono proporzionali alle quantità di latte prodotto dalla nutrice e dunque maggiori nell’allattamento esclusivo piuttosto che in quello complementare. Il livello di assunzione proteica nella nutrice deve essere incrementato di 21 g/die nel primo semestre, in pratica nel caso di allattamento esclusivo. Una stima proporzionalmente minore va fatta nel caso di allattamento complementare.
Nella quotidiana pratica ambulatoriale, però, pur attenendomi alle linee guida, preferisco eseguire un’attenta anamnesi delle abitudini alimentari della neo mamma per capire quale sia effettivamente il quantitativo proteico aggiuntivo necessario.
Non infrequentemente, infatti, capita che una mamma mi riferisca un tipo di alimentazione prettamente glucidica, improntata sul consumo di pane, pasta, pizza, con uno scarso apporto proteico, soprattutto per quanto riguarda proteine ad elevato valore biologico. Occorre in quel caso correggere la composizione dei pasti, contemplando, sia a pranzo, sia a cena, una porzione di secondo piatto, che preveda l’alternanza di pesce, uova, carni bianche e rosse di certificata provenienza, formaggi e legumi.
A livello di grammature, non si possono dare indicazioni precise poiché i fabbisogni di ognuna variano in base al peso, all’altezza e anche al tipo di vita, più o meno attivo, che si conduce (alcune mamme infatti hanno altri bimbi a cui badare mentre il neonato, tra una poppata e l’altra, riposa).
Come ci si può regolare, dunque? Il consiglio è quello di riferirsi alla propria mano, quindi, ad esempio nel caso di una porzione di carne o pesce, sceglieremo la fetta le cui dimensioni corrispondano, in ampiezza e in spessore, al palmo della nostra mano.
Possiamo prevedere una piccola quota proteica anche all’interno degli spuntini post-poppata, ad esempio un pezzettino di parmigiano reggiano con due gallette di quinoa, cereale dall’elevato apporto proteico, oppure una coppetta di yogurt greco bianco con frutta fresca a pezzetti e un cucchiaino di semi di canapa, oppure una piccola porzione di lupini o di ceci secchi tostati (attente ai denti, però!), oppure 15 – 20 gr di mandorle…
LE PROTEINE NON SONO PRESENTI SOLO NEGLI ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE.
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO: Società Italiana di Nutrizione Umana, SINU. Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana, IV revisione. Milano: SICS Editore, 2014.